“Ciò che viene concepito come natura è solo l’idea della natura che nasce nella mente di ognuno. Quelli che vedono la natura vera sono gli innocenti. Vedono senza pensare, direttamente e chiaramente.”
Masanobu Fukuoka
Siamo sempre più abituati a concepire la nostra professione in termini di produttività e guadagno. L’agricoltura stessa, che per antonomasia è l’attività più a contatto con la natura, si è nel tempo radicalmente scissa da essa. Nella rincorsa incessante di raccolti da incentivare e di incassi da incrementare, gli agricoltori si sono ben presto alienati da quegli stessi principi naturali sui quali si fonda una delle attività più antiche dell’uomo.
Eppure, uno stravolgimento così radicale affonda le sue radici in un drammatico cambiamento sociale, avvenuto per lo più negli ultimi decenni.
Abbiamo dimenticato come ascoltare il nostro corpo e i suoi bisogni: ad esempio non mangiamo più ciò che ci è necessario. Compriamo prodotti agricoli ignorando quale sia il naturale ciclo stagionale di frutta ed ortaggi, ciclo che è in risonanza con il fabbisogno stagionale del nostro corpo; preferiamo frutta e verdura pulite, lucide, senza grinze, di forma regolare; acquistiamo spinti da ‘voglie e desideri’, oppure calcolando ogni più piccola caloria secondo tabelle realizzate scientificamente.
In sostanza, l’uomo ha perso la sua originaria unità con se stesso e la natura, lanciando così sul mercato una domanda a cui l’agricoltura moderna ha semplicemente risposto con un’offerta adeguata, nonostante questo abbia contravvenuto a qualsiasi ragionevole e sano principio.
A tal fine, si utilizzano macchine industriali, sistemi automatizzati, concimi, pesticidi, diserbanti, semi ‘migliorati’ geneticamente, con uno sfruttamento insensato dei terreni agricoli, con il solo intento di produrre tutto e di più, sempre e comunque. La conseguente ed inevitabile carenza di minerali e sostanze nutritive riscontrata in questi tipi di raccolti, viene poi compensata dall’assunzione di integratori sintetici che sono ormai parte integrante della nostra alimentazione. La salute diventa sempre più precaria, rendendo così necessario l’utilizzo sempre più frequente di vaccini ed antibiotici.
Una simile agricoltura denaturata, per quanto figlia del proprio tempo, non può andare avanti ad libitum. Lo sviluppo non può risiedere nel costante aumento della produzione, ad ogni costo e in ogni dove! È necessario un cambiamento radicale, una rivoluzione dal profondo.
Masanobu Fukuoka propone una rivoluzione spirituale che approdi ad un’agricoltura naturale: “Quando si capisce che si perde la gioia e la felicità nello sforzo di possederle, si arriva all’essenza dell’agricoltura naturale”. *
In un piccolo villaggio, sull’isola di Shikoku nel Giappone Meridionale, Fukuoka ha ideato e attuato un metodo di coltivazione naturale, che egli definisce l’agricoltura del non-fare: essa non si avvale dell’utilizzo di nessun macchinario automatizzato, né di alcun prodotto chimico; il terreno non viene arato ma lavorato solo con pochi e sapienti interventi manuali da parte dell’uomo; l’intera coltivazione è basata sul principio di cooperazione con la natura e non di conquista di essa. Il risultato è pressoché straordinario, con un raccolto di quantità pari all’agricoltura industriale, ma con una qualità di gran lunga superiore.
Fukuoka era un biologo, specialista in patologia vegetale e con anni di esperienza di laboratorio, in qualità di ispettore agricolo doganale. Dopo varie vicissitudini, la vita lo condusse in una fase di profonda solitudine e ricerca esistenziale, in cui tutto il conosciuto venne messo in crisi. Questo periodo culminò in una realizzazione istantanea: “Nel mondo non c’è assolutamente nulla”, ogni fede, credenza, ideale, principio, ogni emozione, pensiero, ogni tipo di conoscenza, ogni senso di appartenenza, perfino quello di esistere, sono, in essenza, assolutamente vuoti. Ogni cosa al mondo è evanescente, inesistente, senza valore in se stessa, un puro costrutto mentale. Tutto ciò che rimane è la “natura vera” che si rivelò ai suoi occhi in tutta la sua semplicità e bellezza.
Questa realizzazione, donò a Fukuoka un profondo senso di liberazione ed una leggerezza d’animo così forte che la prima spinta fu quella di condividerla con chiunque, ma la maggioranza delle persone che si imbatteva in lui, finiva con l’ignorarlo o col deriderlo, ritenendolo un pazzo.
Così, l’agricoltura naturale divenne la via pratica per una rivoluzione spirituale, un’inevitabile conseguenza della salute spirituale dell’uomo, in intima unione con la natura, in sincronia con i suoi cicli, in sinergia con le sue leggi. La naturale coltivazione della terra e la purificazione dello spirito sono parti integranti dello stesso processo. Fukuoka propone uno stile di vita in cui questo processo possa prendere forma.
Dopo vari tentativi, egli comprese che per coltivare la terra sono necessari pochi, ma precisi passaggi, interferendo il meno possibile con la catena alimentare di piante, insetti ed animali.
La terra non necessita di essere lavorata. Il processo avviene spontaneamente con la penetrazione delle radici delle piante e l’attività di micro-organismi e piccoli animali. Dissodare un terreno, crea delle alterazioni dalle conseguenze inimmaginabili, che fra l’altro favoriscono la diffusione di erbacce invadenti.
Gli alberi da frutta non vengono potati bassi per facilitare la raccolta, ma vengono lasciati crescere naturalmente, poiché la loro forma naturale li proteggerà dagli insetti e dalle malattie, garantendo la giusta ed uniforme esposizione al sole in tutta la loro estensione.
La strategia migliore per un frutteto, sembrerebbe quella di mantenere alberi alti come frangivento, porre degli agrumi nel centro e, al di sotto, una copertura di piante da ingrasso.
Non c’è alcun bisogno di diserbanti né di arare la terra per liberarla dalle erbacce, basta contenere queste ultime con un manto di trifoglio bianco e pacciame di paglia di riso non trinciata. Al massimo, le erbacce vanno rimosse quando le piante di ortaggi sono giovani, ma poi possono essere lasciate come parte integrante della copertura naturale del terreno.
I semi vanno sparsi sul suolo (e non interrati) nel periodo in cui cadono naturalmente (ad esempio: il riso va seminato in autunno e non in primavera come vuole l’agricoltura tradizionale); spargendoli direttamente sul terreno, invece di fare solchi e fori, i semi germinano meglio sfruttando l’abbondanza di ossigeno in superficie. Una tecnica di Fukuoka è quella di immergere il seme in una pallina di argilla, così da proteggerlo anche dagli animali oltre che avvolgerlo in un ambiente nutritivo.
Inoltre, non è necessario mantenere sempre inondati i campi di riso, ma basta garantire l’acqua costante per un breve periodo durante le piogge monsoniche di giugno, o comunque sommergere temporaneamente i campi in momenti controllati dell’anno; per il resto la pacciamatura garantisce una migliore capacità del suolo di trattenere l’acqua. Se il campo non è sempre inondato le piante sviluppano radici più forti e diventano più resistenti a insetti e malattie; questo significa che è possibile coltivare riso in zone ritenute impensabili fino ad oggi, come terreni in pendenza, mantenendo intatta la produzione.
La rotazione della coltivazione del riso con quella dei cereali invernali risulta vincente, ma alla condizione che la semina del primo avvenga nello stesso campo dei secondi prima della loro mietitura. In questo modo, i semi verranno protetti dagli uccelli, avranno un vantaggio sulla crescita delle erbacce e troveranno le migliori condizioni del suolo per mettere radici. Dopo la mietitura e la battitura si sparge la paglia non trinciata sui campi, in maniera casuale e non ordinata, così come gli steli cadrebbero naturalmente.
Per gli ortaggi, la cosa importante è conoscere quando seminare: nella parte del Giappone in cui vive Fukuoka, il miglior momento per la semina degli ortaggi di primavera è quando le erbacce invernali stanno morendo e appena prima che germinino quelle estive; per la semina autunnale, invece, i semi dovrebbero essere sparsi quando le erbe estive stanno appassendo. Non tutti gli ortaggi, comunque, vengono raccolti, così da consentire ai semi di tornare, in poche generazioni, alle proprietà dei loro antenati selvatici, richiedendo minime cure da parte dell’uomo.
Nessun macchinario, pesticida, concime, fertilizzante o composto viene usato. Infatti, se lasciata a se stessa, la natura provvede da sola ad aumentare la fertilità del terreno: i resti organici di piante ed animali si accumulano e vengono decomposti da funghi e batteri; l’acqua piovana porta nelle profondità del terreno le sostanze nutritive, per diventare alimento di lombrichi ed altri animali; le radici delle piante raggiungono gli strati sottostanti e riportano in superficie le sostanze nutritive. Invece del concime, dei composti e dei fertilizzanti, si può utilizzare una copertura permanente di leguminose e la restituzione di tutta la paglia e la pula al terreno, con l’aggiunta di pollina per accelerare la decomposizione della paglia, oppure di escrementi di piccoli animali domestici (come le anatre) se lasciati al pascolo.
Il metodo di Fukuoka produce tra i 550 e i 650 Kg di riso per 1000 mq, ossia quanto il sistema chimico e tradizionale nella sua zona, ma senza uso di macchinari e prodotti chimici, con una manodopera decisamente inferiore, e con un impatto sul suolo completamente diverso. Negli ultimi 25 anni, infatti, in cui le sue terre non sono mai state arate, la fertilità e la tessitura del terreno sono aumentate, con un incremento delle sostanze organiche del suolo; i campi trattati con l’agricoltura tradizionale giapponese invece hanno visto invariate le loro proprietà, mentre i terreni trattati chimicamente hanno perso la loro vitalità e fertilità subito dopo la prima coltivazione.
Certamente, insetti nocivi e malattie vegetali sono presenti nei campi di Fukuoka, ma mai in quantità o di entità tali da devastarne il raccolto. Il modo migliore per contenere questi fenomeni è coltivare in un ambiente sano, in un ecosistema bilanciato, in cui coesista l’equilibrio naturale tra le varie comunità di insetti e i rispettivi predatori naturali.
Ma allora perché complicarci così tanto la vita con ‘tecniche agricole avanzate’, macchinari e sistemi automatizzati, prodotti chimici e interventi genetici? La risposta di Fukuoka è semplice, ma va dritta al punto: “La ragione per cui le tecniche avanzate sembrano necessarie è che l’equilibrio naturale è stato precedentemente così sconvolto a causa di quelle stesse tecniche che la terra è diventata tale da non poter fare a meno di loro.” **
Dal 1975, con la pubblicazione del suo primo libro, Fukuoka ha diffuso i principi e le tecniche dell’agricoltura naturale, smuovendo le coscienze prima ancora dei terreni, sventolando alta la bandiera di una rivoluzione agricola, silenziosa, umile, ma spietata e tagliente in tutta la verità di cui è portavoce. Da allora, il suo metodo si è diffuso in tutto il Giappone e in molti altri paesi oltreoceano, ed è utilizzato anche per sanare e riabilitare terreni sfruttati in maniera insensata dall’agricoltura chimica ed industriale.
Ovviamente, l’agricoltura naturale deve essere adattata alle condizioni specifiche della zona in cui viene praticata, tenendo conto del clima, della vegetazione e dell’ecosistema locale. Anche se, in definitiva, per dirla alla Fukuoka: “Il fattore più importante non è la tecnica colturale, ma piuttosto lo stato d’animo di chi coltiva”.***
Masanobu Fukuoka, 2011, La rivoluzione del filo di paglia. Quaderni d’Ontignano, Libreria Editrice Fiorentina
* pag. 14
** pag. 44
*** pag. 69
a cura del Team l’orto lieto